Contigliano - Guida Turistica

CERCA ALBERGHI
Alberghi Contigliano
Check-in
Check-out
Altra destinazione


.: DA VEDERE
 La ripida salita che conduca a porta de' Santi consente l'ingresso al paese. Sulla destra, appena prima della porta, si trova la Cripta della Collegiata, risalente al XVII secolo e recentemente restaurata: si noti il massiccio portale a timpano in pietra rosa locale.
 Sulla sinistra, invece, di fronte al Palazzo Comunale, si può ammirare una pregevole fontana, anch'essa in pietra rosa, realizzata intorno al 1760: la grande vasca polilobata presenta al centro un basamento in mattoncini che sorregge una colonna in travertino culminante con un catino circolare.  Sui quattro lati del basamento sono visibili quattro teste zoomorfe dalle quali fuoriesce acqua. Varcata Porta de' Santi, il visitatore si trova già immerso in una atmosfera ricca di suggesione: nei vicoli che attraversano l'antico borgo il tempo sembra infatti essersi fermato.Sulla Piazza Vittorio Emanuele II, cui fanno cornice  palazzi d'epoca sei/settecentesca,  si erge l'imponente facciata della Collegiata di San Michele  Arcangelo, opera di Giovanni Antonio De  Rossi.
 Il lato nord del paese presenta un altro accesso al borgo, Porta Codarda, da cui si può ammirare un meraviglioso panorama dell'intera piana reatina e del Monte Terminillo.
 Non lontano da Porta Codarda sono presenti i ruderi dell'antica Chiesa di S.Giovanni, edificata nel 1428: recentemente consolidata, ospita spettacoli e concerti, che vi si organizzano sfruttando il suo suggestivo scenario, e la una piccola chiesa dedicata a S. Michele Arcangelo
La Collegiata
 Sulla pianta della navata centrale dell'attuale edificio  esisteva prima del 1650 una chiesa elevata a Collegiata nel 1563.
  La  prima decisione di costruire un nuovo luogo di culto per far fronte all'aumento di popolazione risale al 1655. Questa decisione, forse per motivi economici, fu disattesa fino al 1683,  quando gli  Amministratori decisero di riprendere il progetto e di affidare il disbrigo delle pratiche ad una commissione di tre membri, ben presto portata a nove in onore delle “Sette allegrezze della Beatissima Vergine Maria”.
 Alla commissione fu affidato principalmente il compito di rendere esecutiva l'autorizzazione di inizio lavori rilasciata nel 1655 dalla Sacra Congregazione del Buon Governo che parlava  chiaramente di restauro.
 Il fervore dei preparativi ebbe il suo momento culminante il 22 maggio 1685, quando Mastro Paolo Andrea Sinibaldi, dopo le  misurazioni, “diede principio allo scavo delli fondamenti nella Piazza di fuori”.
  Il 26 maggio 1685 il governatore di Rieti sospendeva i lavori, forse perché la Congregazione del Buon Governo temeva spese eccessive ed ampliamenti non autorizzati dei lavori.
 Il controllo della situazione fu affidato ad un commissario straordinario, il vescovo di Terni Mons. Sperello Sperelli.
 La decorazione della navata della Collegiata sembra si debba attribuire a Carlo di Giovan Battista Casetti: l'opera mostra che doveva trattarsi di un artigiano esperto, di buon livello qualitativo. Gli stucchi della volta erano inizialmente destinati ad essere coperti da dorature, come quelle della calotta absidale, ma il lavoro non fu mai portato a termine. La decorazione a stucco della navata al di sotto del cornicione presenta tratti molto vicini al Barocco romano del XVIII secolo: al centro delle arcate di accesso alle quattro cappelle laterali si trovano stemmi di famiglie gentilizie; lateralmente, fra le cappelle, spiccano due coretti che si dispongono su due piani.
Le cappelle
 La prima cappella a destra, dedicata ai Santi Francesco e Filippo Neri, appartiene ancora ai Solidati Tiburzi che ne ottennero il patronato il 2 novembre 1704 e dei quali l'arcata d'ingresso reca lo  stemma familiare. La lapide funeraria con iscrizione latina collocata sulla parete destra, attesta che nella cappella, nel 1828, trovò sepoltura il cardinale Timoteo Maria Ascenzi, vescovo di Rieti, eletto cardinale poco prima di morire.
 La seconda cappella a destra è detta di S. Giuseppe. Anche se nei decenni passati il patronatosulla cappella è stato esercitato dalla famiglia Marchetti, sembra che in origine essa  fosse di proprietà degli Orsini. Lo stemma sul portale d'ingresso fornisce un primo indizio; ma a rendere ciò verosimile viene la presenza nella cappella di una lapide tombale che ricorda un certo Alessandro Orsini. La volta della cappella è decorata a stucco in modo magistrale con ovale e pennacchi che ospitano pitture, mentre lo sfondo dell'altare è dipinto con una prospettiva di colonne che tenta di riproporre motivi berniniani ma non sempre rispetta i piani prospettici.
 La terza cappella a destra è dedicata alla Madonna del Rosario. Ai lati di essa spiccano due portali di stucco dorato e dipinto da autore ignoto, mentre l'altare barocco, di intonaco dipinto con stucchi decorati, per le analogie con quello del Santissimo Sacramento è forse opera di Michele Chiesa. Poggiante sull'altare si trova l'edicola in legno scolpito, intagliato e dorato, della quale si ignora l'autore; nella struttura originaria due putti alati sedevano lateralmente alla nicchia e di fianco al fastigio. Purtroppo le quattro statue lignee sono state trafugate da più di un decennio. Dietro l'edicola, quasi di sfondo, si trova la pala  in olio raffigurante la Madonna del Rosario, probabile opera della scuola umbro-marchigiana del XVIII secolo e nell'arcata prospettica entro cui è collocata la pala sono dipinte quindici scene dei Misteri del Rosario.
 La prima cappella di sinistra  è dedicata a S. Vincenzo ed  aveva il patronato del Comune di Contigliano. Le pareti laterali della cappella ospitano delle nicchie secondo motivi del tardo barocco romano, ascrivibile all'ultimo '600 o ai primi del '700, mentre la decorazione a stucco della volta  è opera di un artista che, per evidenti motivi stilistici, ha operato nella prima metà del Settecento. L'altare, di autore ignoto partecipe del barocco romano,  ospita, alla sommità del coronamento,  un dipinto che rappresenta la Madonna con le anime del Purgatorio e,  al  centro, la  pala con Un miracolo di S. Vincenzo Ferreri, opera del pittore napoletano Onofrio Avellino che ottenne la commissione del lavoro il 26 novembre 1723.
 La seconda cappella a sinistra è detta dello Spirito Santo. Da un documento, per diverso tempo inedito,  si apprende che il giuspatronato della cappella apparteneva alla famiglia Tiberi. In una breve nota, aggiunta da altra mano al documento, viene detto che le notizie riguardanti la cappella  Tiberi provengono dal testamento di Flavia Toschi (aperto nel 1812), evidentemente imparentata con i Tiberi. In alto, la volta è stata decorata a stucco dalla mano abile di un artigiano  di cui non si conosce il nome. Sulla parete di fondo della cappella è dipinta ad olio una modesta prospettiva raffigurante un altare fiancheggiato da colonne.
 La terza cappella a sinistra è quella del Santissimo Sacramento. Ai lati di essa spiccano due portali in stucco dorato e dipinto di autore ignoto. L'altare, di impostazione pienamente barocca, fu disegnato nel 1730 da Michele Chiesa secondo moduli berniniani ed ha nel Christus Triunphans  il punto culminante. L'interno della struttura ospita un ciborio in legno scolpito disegnato dal Gregorini e dipinto in oro nel 1746 da Vincenzo Fabrisci da Caprarola.  Al di sotto, sporgente dal ciborio e poggiante sull'altare, si trova il tabernacolo che riprende le linee curve e le volute di   tutta la decorazione settecentesca della chiesa. A separare la cappella dal presbiterio si trova una balaustra con sportelli in legno di noce naturale scolpita tra la fine del XVIII secolo e gli inizi del XIX da ignoto artigiano, forse locale.
San Pastore
 Nel 1234 i monaci Cistercensi che vivevano nel convento di S. Matteo di Montecchio ottennero dal Papa di potersi spostare a S. Pastore; sappiamo da documenti che già prima, almeno da 5 secoli, in questa località dovette sorgere una chiesa, visto che troviamo citata una chiesa di S. Pastore in Quinto (nome che ricorda l'antica denominazione di Contigliano: Quintilianum) in documenti dell'Abbazia di Farfa dell'anno 794 . La leggenda vuole che gli stessi reatini avessero chiesto a S. Bernardo di fondare un monastero nella zona. Fu incaricato S. Balduino, discepolo dello stesso S. Bernardo; in ogni caso la fondazione deve risalire alla prima metà del XII sec. I monaci di S. Matteo chiesero di potersi spostare a causa dell'aria malsana dal loro precedente convento, mentre questo colle era lontano dalle nebbie e dagli acquitrini. Nulla sappiamo sul luogo nel quale sorgeva S. Matteo detto di Montecchio o de Insula, visto che non si è ritrovata alcuna traccia degli edifici. L'importanza di questo sito non può essere compresa se non s'inquadra l'importanza dell'ordine dei Cistercensi.
 Ottenuto nel 1234 il permesso di spostarsi in S. Pastore i monaci di S. Matteo riedificarono completamente il monastero, tant'è che non si trovano tracce delle precedenti costruzioni.
 Nel 1255 si poneva la prima pietra dell'edificazione, come ricordava una lapide nel chiostro, ora trafugata.
 Nel 1264 almeno una parte del monastero doveva essere completa visto che nell'abbazia venivano celebrati festeggiamenti per l'anniversario del Santo titolare, S. Pastore appunto. Dunque in soli 10 anni una buona parte del complesso era edificata.
 Sempre da un documento sappiamo che il dormitorio venne edificato nel 1283.
 L'Abbazia fu molto prospera dal punto di vista economico, i suoi possedimenti furono molto estesi, anche se non si possono elencare con certezza dato che tutto l'archivio dell'Abbazia è andato perduto nel corso dei secoli. Di sicuro comunque dovette possedere il colle su cui si erige il monastero; i monaci curavano una chiesa nei pressi di Leonessa; sappiamo inoltre che l'Abbazia possedeva una chiesa in Rieti con annesso un ospizio.